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Diffida di coloro che affermano che esistono cucine senza storia o senza basi storiche. Il negazionismo è sempre una forma di ignoranza culturale, sociale, politica e storica tra le più subdole. E se anche non fosse una Storia con la “s” maiuscola, non conosco cucine senza Storia e storie da raccontare.
La tua cuoca scrittrice, Monica
La piadina romagnola invita al morso e mette di buon umore ma ancora a metà Novecento non era il boccone profumato che conosciamo oggi.
Incredibile che una cosa così buona non esista da sempre, vero?
Eppure è solamente dopo la fine della Seconda guerra mondiale che la piada diventa piadina (che del primo termine è il diminutivo). Il piadone, superlativo, rimane a indicare una piada fatta con ingredienti scadenti e, poco alla volta, scompare. Per fortuna, segno che la miseria è alle spalle.
Le piadine romagnole
Quando si parla di piadina romagnola si dovrebbe usare il plurale.
Esistono tre tipi diversi di piada, oltre a un numero infinito di varianti familiari, che appartengono ad altrettante zone della Romagna.
A Imola, Ravenna, Forlì e Cesena la piadina è lievitata e piccola (foto sopra).
La piadina detta “di” Rimini (foto della ricetta) indica la versione larga e non lievitata ed è quella che trovi appunto a Rimini, Cattolica e perfino Pesaro (Marche) dove dialetto, accento e ricette sono di cultura romagnola.
Infine, c’è chi porta avanti la tradizione della piadina sfogliata che, al giorno d’oggi, è tipica soprattutto delle Marche ed è simile alla crescia o torta al testo umbra.
Tu hai una piadina preferita?
Tra le ricette storicamente associate alla famiglia della piadina ci sono anche piadina fritta, crescioni (o cassoni) e tortelli alla lastra (che poi sono sempre crescioni, solo di montagna).
La piê fritta (piadina fritta) o crescentina ha lo stesso impasto della piadina, e a volte anche la stessa forma rotonda, solo che la cottura non avviene sul testo ma nell’olio bollente.
Curiosità
Anche sotto le Due Torri è in uso il nome crescentina per indicare il pane fritto. Per questo motivo le crescentine montanare di Modena a Bologna si chiamano tigelle, per non confondere due pani diversi.
Della stessa famiglia della piadina fa parte anche il crescione (la versione di mia zia Iolanda è uno spettacolo pirotecnico di bontà, la ricetta è sul blog). Di fatto è una piadina ripiena che in origine si farciva con erbe e un po’ di ricotta. E si, naturalmente ricorda l’erbazzone di Reggio Emilia (sempre sul blog trovi la mia ricetta), specialità contadina della omonima città emiliana.
Quali sono gli ingredienti della piadina?
Da metà Novecento circa la piadina si prepara con un impasto di farina di grano tenero, acqua o latte e sale, a volte strutto. L’utilizzo dell’olio d’oliva è recente perché in Romagna, pur essendo terra di ulivi e olio buono, tradizionalmente si usa(va) grasso animale (strutto o burro).
La piadina è un prodotto IGP dell’Emilia-Romagna.
Per chiamarla piadina romagnola deve essere prodotta in Romagna.
Nessuna azienda, fuori dal territorio d’origine, può produrre e commercializzare un prodotto che nel nome contenga riferimenti alla Romagna.
Curiosità
Nel 1959, a San Martino in Strada (provincia di Forlì), nasce La piadina romagnola di Lorella, la prima azienda di produzione artigianale della piadina.
La storia
Come tutti i pani azzimi ha una genesi antica.
Le origini del pane sono associate alla nascita dell’agricoltura che avviene durante il neolitico. Questa rivoluzione agricola interessa Asia, Africa, Europa e Americhe. Da una economia di sussistenza basata su caccia e raccolta di ciò che la terra offre spontaneamente, le culture umane passano a una incentrata su allevamento e coltivazione.
A partire da quell'evento rivoluzionario l'uomo, mescolando acqua e farina, crea il cibo più incredibile: il pane.
I pani azzimi di tutto il mondo nascono da quella prima rivoluzione agricola e rappresentano un legame che unisce popoli, culture e Paesi.
Solo per citarne alcuni:
naan e chapati (India), pita (Europa), tortilla e arepa (Mesoamerica), carasau, piadina, tigelle, farinata (Europa), tiguelle (Africa), lavash (Asia).
Tornando alla piadina, per secoli non c’è alcuna notizia attendibile su questa ricetta. A complicare le cose ha concorso l’etimologia della parola che è incerta e probabilmente deriva dal greco plaukous (focaccia).
Tuttavia, in assenza di fonti storiche certe, non possiamo affermare che esista una relazione diretta tra piadina romagnola e pani simili ma più antichi come, ad esempio, quello in uso presso i bizantini o la mensa romana (una focaccia di cereali utilizzata come piatto).
Da quei pani, secolo dopo secolo, prende forma la piadina. Inoltre sappiamo che per molto tempo il termine piè o piê indica sia pane sia focacce.
La piada di Angelico
Il primo riferimento scritto risale al Medioevo e si trova nella Descriptio Romandiole (1371), una statistica-censimento fatta redigere a fini fiscali da Papa Urbano V.
Il cardinale Angelico (Anglico de Grimoard, fratello di Urbano V),
legato pontificio residente a Bologna e autore del testo, indica in 2 piade i tributi che la città di Modigliana deve pagare alla Chiesa. Si tratta di focacce molto grandi, lievitate e probabilmente condite con lardo, simili a quella che oggi conosciamo come piadina sfogliata.
Ma lardo e condimenti sono per pochi. In occasione di guerre, siccità e malattie, il reperimento del cibo è difficile. La peste, purtroppo frequente, di solito porta carestia. E quella del 1300 è lunga e terribile. In Romagna, molti possono permettersi solo piadina preparata con cereali poco pregiati, legumi secchi, castagne o, nel peggiore dei casi, ghiande, crusca, tritello e persino segatura. Questa è e resta a lungo il sapore della piada.
Nel 1572 il medico naturalista riminese Costanzo Felici, in un catalogo sulle piante commestibili, scrivendo del grano e dei vari tipi di pane, fa riferimento a un tipo di piadina simile a quella attuale. Tuttavia, nel 1622 Giacomo Antonio Pedroni, canonico nella cattedrale di Rimini, in riferimento a carestia e rincaro dei prezzi, annota che le persone povere si nutrono di piadine preparate con sarmenti (tralci di vite) e fave.
Nel corso dell’Ottocento la diffusione del mais rilancia la piadina di formentone (farina di mais). Piadina e pellagra, non a caso, andranno a braccetto per molto tempo.
Una inchiesta sanitaria del 1899 sulle malattie da sotto e mono alimentazione, denuncia che schiacciate, focacce e piade fatte di mais, cotte sul ferro, spesso crude dentro, sono la dieta quotidiana dei contadini e dei poveri.
Ne l’Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola condotta tra il 1876-1881 in tutta Italia, da poco unita, si parla di due piadine, una per i ricchi e una per i poveri. Nell’ambito dell’inchiesta, Federico Masi, che compila la monografia relativa alla zona di Cesena (1879), dopo uno sbrigativo accenno alla versione contadina, parla di quella che compare sulla tavola delle feste della gente ricca. Latte, uova e lardo sono ingredienti ricorrenti dell’impasto che, spesso, è zuccherato. La piadina è anche un dolce, per chi ha soldi.
A inizio Novecento, il poeta romagnolo Giovanni Pascoli nella poesia La Piada parla di pane azzimo dei poveri.
Ma la cosa interessante è che quando pochi anni dopo descrive la piadina come il pane nazionale dei Romagnoli, celebrando la versione ricca e fragrante che gli faceva sua sorella Maria, molti suoi conterranei non conoscono la piadina. Si, hai letto bene: il disco tondo di pane non esiste in molte aree della Romagna. Nel 1932 l’intellettuale romagnolo Eugenio Cavazzuti scrive che nei comuni “a nord di Ravenna è pressoché sconosciuta”.
Fino agli Quaranta del Novecento, il termine piada comprende ancora un ampio ventaglio di focacce e schiacciate di tipi diversi: lievitate e azzime, condite o scondite, cotte sul testo ma anche nell’olio bollente, sulla graticola o sotto la cenere.
Da nuove inchieste condotte tra il 1940 e il 1952 sulle abitudini alimentari delle popolazioni rurali, emerge che in Romagna ci sono ancora numerose sacche di povertà e che la piada è ancora di formentone (mais) o, al più, arméscli (mescolate) con altro.
Quello che accade alla pasta nel corso della sua storia millenaria è ciò che succede anche alla piadina: la ricetta si evolve e cambia diventando, solo in epoca recente, il pane dei romagnoli che oggi conosciamo e apprezziamo.
Con la fine della Seconda guerra mondiale, termina anche la secolare povertà che ha sempre caratterizzato la Romagna. La piadina resta un mangiare semplice, pane e acqua, ma gli ingredienti sono migliori e le farciture una apprezzata novità. Proprio come i primi chioschi che le vendono per strada.
Come dico spesso al mio Mr. Bolognese, sai di essere in Romagna quando incontri un chiosco della piadina.
La Ricetta.
Piadina di Rimini all’olio d’oliva
per 6 piadine
Ingredienti
500 g di farina 00
10 g di sale
2 g di bicarbonato in polvere
100 ml di latte a temperatura ambiente oppure acqua
60 ml di olio d'oliva
150/200 ml di acqua tiepida
Istruzioni
Disponi la farina a fontana su un tagliere di legno. Sui bordi della fontana distribuisci sale e lievito.
Al centro della fontana versa il latte, l’olio d’oliva e metà acqua, poi inizia a portare verso il centro la farina e a impastare aggiungendo tutta l’acqua poco alla volta.
Lavora l’impasto a lungo, anche 10-12 minuti, fino a quando sarà morbido ed elastico.
Ricava 6 panetti. Stendi le piadine una alla volta. Sistema l’impasto al centro del tagliere, appoggia il matterello al centro del panetto e inizia ad allargarlo. Poi stendi la piadina spingendo il matterello dal centro verso l'esterno.
Cuoci la piadina sulla piastra calda per circa 3-4 minuti a lato. Quando il testo è molto caldo, potrebbe servire meno tempo.
Avvolgi le piadine appena cotte in un canovaccio pulito per mantenerle calde, servi subito.
Come ho raccontato nei 4 numeri dedicati alla pasta italiana, anche quella secca nasce come pane azzimo. Queste sono le newsletter dove ho raccolto la sua storia:
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Monica, sempre interessanti le tue ricerche, hai proprio ragione, sembra impossibile che un cibo così semplice come la piadina sia così recente nella versione che apprezziamo.
Mi piace molto il riferimento "sei in Romagna quando incontri un chiosco della piadina"
Grazie per ogni "Fritto misto"
Ti abbraccio
Giuli
Finalmente riesco a dedicare del tempo a questa piacevole lettura! Grazie Monica! 😘