Il tempo vola e la storia incalza
(dal Manuale di Nonna Papera)
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Grazie, Monica
Continuiamo la conversazione?
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Abbiamo spento le luci di Natale, riposto luci e decorazioni.
Nel frattempo, un anno nuovo è iniziato.
Dopo l’ultima newsletter a tema festività, quella sulla Befana, e prima di rituffarmi nel lavoro, ho riposato alcuni giorni. E ora… rieccoci qua.
Prima di tutto, vorrei dare il benvenuto ai nuovi abbonati che si sono iscritti a Fritto Misto in queste ore. Grazie di cuore per avere scelto questa newsletter quasi settimanale (tre volte al mese con due Fritti Misti e uno speciale dedicato alla Via Emilia), e di comunità (dove TU puoi fare la differenza partecipando ai sondaggi, lasciando un commento e, se ti piace, facendo passaparola).
Se leggi con regolarità Fritto Misto sai che sta per iniziare un viaggio storico per conoscere l’evoluzione di un piatto che tutti cuciniamo e amiamo.
La pasta nel corso della sua storia millenaria ne ha viste di cotte e di crude e alcune domande sono più che legittime: quali sono le sue origini? Come ha fatto a diventare un simbolo dell’identità italiana?
Forse la mia risposta ti sorprenderà.
Le origini sono rilevanti fino a un certo punto.
In fondo, sono una causa e non la spiegazione.
Le useremo come punto di partenza ma allo storico di professione interessa l’analisi dell’insieme delle condizioni ambientali: società, cultura, economia, politica, persino geografia.
Riguardo al concetto di identità non dimenticare che è un prodotto della storia in continua evoluzione e che muta nel tempo. Anche adesso.
Pensa a una linea retta che va da A (le origini o le radici, ovvero il passato), a B (le identità, che sono il presente, teso a divenire futuro e, in fondo, un po’ già passato).
Tutto quello che c’è fra A e B sono le condizioni ambientali.
La storia della pasta italiana passa attraversa secoli e continenti; quante culture si sono incontrate per dare forma al cibo che oggi percepiamo come elemento costitutivo della nostra identità alimentare e culturale.
Tra verità e fake news
Cosa ha reso la pasta il simbolo dell’identità gastronomica e culturale italiana nel mondo?
Una storia multiculturale e una sequenza naturale di eventi.
Hai voglia di scoprirli con me?
Nella storia occidentale della pasta confluiscono diverse culture, relazioni politiche, economiche, sociali, cambiamenti agricoli e, persino, il clima.
Una storia così ricca e importante non è esente fake news.
Ad esempio, quella che vuole Marco Polo scoprire la pasta in Cina portandola in Italia al rientro dal suo viaggio.
E invece 1) la notizia è assente dai manoscritti ORIGINALI del Milione 2) nell’Italia del XIII la pasta era già nota e persino prodotta.
L’equivoco nasce quando nel 1500 l’editore veneziano Giovanni Battista Ramusio ripubblica le memorie di Marco Polo riscrivendo il passaggio sulla pasta di sago in modo da fare intendere ai lettori che il mercante veneziano abbia scoperto la pasta in Cina.
Anche in assenza della rete, è difficile fermare la circolazione di una fake news. §
Pensa che ancora nel 1929, un articolo pubblicato sul Macaroni Journal, organo di stampa dell’Associazione industriali americani della pasta, attribuisce la scoperta a un marinaio di Marco Polo, un certo Spaghetti (fa sorridere ma l’articolo è vero).
Non volendo involontariamente creare una fake news e, a scanso di equivoci
sia chiaro che la Cina ha avuto un ruolo di primo piano nella storia della pasta in generale, soprattutto di grano tenero.
Tuttavia, la tradizione cinese segue altre strade che nulla hanno a che vedere con quella della pasta nel mondo occidentale, compresa l’Italia e la nostrana pasta secca a base di grano duro.
Nella evoluzione culturale della storia della pasta la tipologia di grano, quindi il clima, hanno un ruolo importante.
La rivoluzione agricola
Le coordinate storiche e geografiche per mettere i piedi sul punto A, e da qui districare la matassa, conducono in Mesopotamia.
Un’area che a scuola avrai studiato e forse ricorderai come Mezzaluna Fertile dove 10-12 mila anni fa c’è stata la prima rivoluzione agricola: quella che ha gettato le basi della cultura del grano e che ha nel pane il suo simbolo.
Ecco, la pasta nasce come variante del pane, a volte anche lievitata, a volte essiccata per favorire la conservazione.
Dal Medio Oriente, la pratica si estende al mondo greco e poi romano.
E anche se il termine greco làganon e quello latino lagana indicano un prodotto simile alla lasagna, la pasta non è ancora quella che conosciamo.
E, soprattutto, non è un genere alimentare con una precisa identità. Fa parte della famiglia dei pani azzimi. Ed è più che altro un ingrediente accessorio ad altre preparazioni (serve per avvolgere, accompagnare e arricchire altri ingredienti). Inoltre, nella cultura gastronomica greca e romana si prepara fritta o al forno ma senza fare rinvenire l’impasto in acqua bollente (tranne qualche eccezione in età tardo imperiale).
La svolta
La costruzione dell’identità della pasta moderna inizia in SICILIA dove si mescolano condizioni ambientali favorevoli:
La prima è di avere fatto parte della Magna Grecia e avere assorbito la cultura ellenica (compresa quella della pasta).
La seconda è che i romani trasformano l’isola in un granaio dell’Impero, come l’Emilia, in virtù del clima favorevole alla coltivazione del grano duro (il più adatto alla pasta secca). E, di nuovo, diffondono anche loro conoscenze alimentari che contemplano la pasta.
Gli arabi diffondono in modo capillare la cultura della pasta secca nelle regioni da essi occupate. Compresa la Sicilia conquistata nel IX secolo.
Il mare favorisce le esportazioni.
Questi sono gli elementi che creano le condizioni per la nascita dell’industria pastaria italiana e il successo di un prodotto. Come puoi ben vedere è una sintesi di fattori storici, climatici e geografici.
Trabia, Sicilia
La prima industria di pasta secca documentata dalla storia risale al XII secolo.
È arrivato fino a noi il diario di viaggio ante litteram del geografo arabo al-Idrisi, nobile maghrebino al servizio del re normanno Ruggero II (i Normanni succedono agli arabi nell’occupazione dell’isola).
In quelle pagine, l’autore scrive di “un cibo di farina in forma di fili”, che si confeziona a Trabia (Palermo) e si esporta in botti in tutta la penisola e fuori. Il documento risale a metà dell’anno Mille.
Possiamo quindi affermare con certezza che la pasta, in Italia, era conosciuta ben prima del 1295, anno del ritorno di Marco Polo dalla Cina e del suo contatto con gli “spaghetti” cinesi.
La pasta prodotta a Trabia alimenta il consumo locale e, mica per niente, fino a tutto il Cinquecento, i siciliani sono identificati con il soprannome di mangiamaccheroni.
Naturalmente, serve anche per il mercato d’oltremare. Prima concorrente della Sicilia nelle esportazioni di pasta è la Sardegna fin dal XIII secolo, e altre città marinare come Genova e Pisa.
A Genova è fiorente soprattutto l’attività di importazione/esportazione che per secoli crea il mito della pasta di Genova senza che la produzione sia necessariamente locale. La pasta arriva da Sicilia e Sardegna e da qui viene reindirizzata verso altri luoghi, per mare e per terra.
Il nostro viaggio è iniziato in Mesopotamia e oggi si conclude qui, in Italia e sulla soglia temporale del Medioevo.
Nel frattempo, sono state gettate le basi di una nuova cultura gastronomica dove
la pasta da alimento marginale, che non indica una precisa categoria alimentare, e da ingrediente accessorio nella preparazione di altri piatti, si prepara a occupare il centro della scena.
Non perdere la prossima puntata!
Numeri precedenti di Fritto Misto dedicati alla pasta
Il mestiere dello storico
Riflessione semiseria sul lavoro
Questa newsletter doveva partire stamattina alle 8 e terminare con un piatto sontuoso.
Poi sono successe alcune cose.
E per scrivere questa parte ho finito per ritardare l’invio e occupare lo spazio della ricetta che, promesso, metterò la prossima volta.
Una amica molto preparata nel suo campo mi racconta di avere introdotto un piccolo abbonamento a pagamento, per altro non obbligatorio, su Instagram.
A seguito della sua decisione riceve un messaggio da parte di una signora “molto dispiaciuta” per il fatto che non tutti i contenuti siano usufruibili “gratis”.
La signora non si dispiace che la mia amica vada a rubare per vivere ma piuttosto che chieda un riconoscimento per il suo lavoro.
Purtroppo, quelli che sono lontani anni luce dal pensiero che abbia un senso sostenere l’impegno di scrittori e imprenditori digitali, poi sono gli stessi che provano sorpresa e indignazione se scoprono che il datore di lavoro di figli e nipoti la pensa come la signora di cui sopra.
Capita sempre più spesso che il lavoro non venga pagato o che sia pagato troppo poco, come è successo di recente al giovane giornalista che mentre prepara l’articolo scopre di prendere meno dei braccianti gestiti dal caporalato.
Questione numero due. Che poi è strettamente collegata alla precedente.
I professionisti senza titoli ed esperienza stanno invadendo il mondo del lavoro.
Io li chiamo i qualunquisti, pericolosi in ogni epoca storica. Sono quelli che hanno sostituito il cv con la bio del profilo Instagram.
Una mattina ci siamo svegliati e abbiamo scoperto che l’improvvisazione sta diventando la regola. Questa erronea percezione si basa sul fatto che guardiamo un video e pensiamo di poterlo fare anche noi: cambiare impianti elettrici; rifare il tetto; costruire basi lunari (cosa ci varrà mai?). Dopo avere googlato una o due voci andiamo da medici e avvocati convinti di incontrare dei colleghi.
Anche nel mio campo è successo.
All’improvviso, in un paese che non legge e dove la conoscenza della lingua italiana è un problema anche tra gli studenti dell’Università, sono diventati tutti storici.
Peccato che quella dello storico sia una professione che richiede(rebbe) studio e preparazione. So che ascoltare il prof. Barbero fa sembrare tutto facile ma non basta leggere due voci di Wikipedia per acquisire le sue conoscenze e diventare uno storico. E neanche essere giornalisti e scrivere un libro a carattere storico (al massimo diventi uno scrittore).
E anche io che nel 2018 ho conseguito un Diploma di cucina a Firenze ma ho passato più di 20 anni tra archivi e aule universitarie, oltre a quelli spesi precedentemente per conseguire laurea, Master e Dottorato, mi sento chiedere se c’è un libro da leggere per diventare come me ( di solito sorrido mentre trasecolo).
La faccio breve, l’idea che una professione sia supportata da preparazione ed esperienza è morta. E quella ancora più bislacca che ogni professionalità dovrebbe essere riconosciuta economicamente vacilla come l’albero maestro di una nave guidata da Schettino.
L’orchestra suona e la nave affonda. Permette un ballo?
Uno degli storici più luminosi del Novecento ha perso tempo scrivendo questo libro:
M. Bloch, Mestiere di Storico, Torino, Einaudi, 1998
Grazie a chi è arrivato fino a qui con la lettura senza cancellare l’iscrizione.
Bibliografia ragionata per approfondire l’argomento
(una bibliografia ragionata è una rassegna di studi e ricerche su un certo argomento.
Questo per darti anche un assaggio di quanto lavoro di ricerca c’è dietro la scrittura di questa newsletter):
“The Macaroni Journal”, October 1929, pp.32-34
Sereni E., Note di storia dell’alimentazione nel Mezzogiorno: i Napoletani da mangiafoglia a mangiamaccheroni in Id., Terra nuova e buoi rossi, Torino, Einaudi, 1981, pp. 292-371
A.V., Contre Marco polo: une histoire comparée des pâtes alimentaires, “Médievalés”, 16-17, 1989, pp. 25-100
Capatti A., montanari M., La cucina italiana. Storia di una cultura, Roma-Bari, Laterza, 1999
Serventi S., Sabban F., La pasta. Storia e cultura di un cibo universale, Roma-Bari, Laterza, 2000
Montanari M., L’identità italiana in cucina, Roma-Bari, Laterza, 2010
Martellotti M., Linguistica e cucina, Firenze, Olschki, 2012
Parasecoli F., Al dente. A history of food in Italy, Islington-London, Reaktion Books, 2014
Palombi A., Spaghetti Dinner. L’America di Giuseppe Prezzolini, Napoli, Grimaldi, 2016
Montanari M., Il mito delle origini, Bari-Roma, Laterza, 2019
De Bernardi A., Gli italiani a tavola. Storia sociale della pasta, Roma, Donzelli, 2019
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Sulla falsariga delle fake news memorabile fu il pesce d'aprile della BBC che fece credere che gli spaghetti crescevano su degli alberi coltivati appositamente in Svizzera 😄
Come sempre è stato un piacere ricevere e leggere la tua newsletter, mai banale ma al contrario ci regali delle perle ogni volta. Grazie e buon lavoro 🥰