Una storia del 25 aprile
E poi di un trasloco, pessime abitudini, ricette dimenticate e una focaccia tricolore
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Il 25 aprile è una festa nazionale che per me ha anche un significato personale.
E anche se sono qui per raccontarti una storia, e non per ricordare insieme l’importanza di pace e libertà, un breve inquadramento storico sarà utile.
Dal mio vecchio e sgualcito Dizionario di Storia (ed. Mondadori)
Liberazione (1944-1945): cacciata degli occupanti tedeschi dai paesi dell'Europa continentale al termine della seconda guerra mondiale, avvenuta a opera delle truppe alleate, spesso coadiuvate dall'insurrezione popolare. La prima capitale liberata fu Roma il 6 giugno 1944, l'ultima Praga il 5 maggio 1945. L'anniversario della Liberazione viene ricordato in Italia il → Venticinque aprile (1945): data dell'insurrezione partigiana nelle principali città dell'Italia settentrionale contro i tedeschi in ritirata, seguita dopo pochi giorni dall'arrivo delle truppe alleate. Viene celebrata come anniversario della Liberazione nazionale.
Cosa è per me il 25 aprile
La mia nonna materna si chiamava Sara.
Aveva una figura minuta, occhi verdi e capelli neri che non volevano saperne di diventare bianchi.
Era nata nella bassa romagnola due anni prima della marcia su Roma (1920) e ha vissuto la prima parte della sua vita sotto il regime fascista.
Dal 15 agosto 1944 al 14 aprile 1945 operò come staffetta nel battaglione Pianura della brigata SAP Imola.
A spingerla a entrare nella Resistenza nella fase finale della guerra, quando tutto divenne più folle e allucinante di quanto già non fosse, fu un evento tragico.
I tedeschi obbligarono gli abitanti del suo piccolo angolo di mondo a radunarsi davanti al melo della casa grande dove fucilarono un ragazzino
di 16 anni con l’accusa di essere un partigiano.
Quella esecuzione voleva essere un ammonimento. La verità è che queste rappresaglie crudeli spinsero molti giovani, come la mia nonna ventenne,
ad agire.
Pedalò chilometri, con il suo cuore malato, per trasmettere informazioni strategiche utili a liberare il suo angolo di mondo. Ha rischiato la vita ma, avendola conosciuta, so che avrebbe pedalato lungo tutte le strade del mondo se fosse stato necessario. E anche se sapeva che ogni chilometro toglieva un po’ di tempo al suo futuro, lei pedalava per qualcosa di più grande che aveva a che fare con il futuro di tutti.
Nonna non parlò mai di quel periodo e dei fatti che occorsero.
Quello che ho saputo, ormai adulta, è che condannò tutte le violenze: quelle commesse dai nazifascisti, dagli Alleati durante il loro passaggio e, dopo la fine della guerra, anche quelle compiute da persone vicine o che avevano fatto parte del movimento partigiano.
L’Emilia-Romagna, dove di fatto il fascismo aveva preso forma, fu l’unica regione italiana dove la situazione faticò a normalizzarsi.
Per capire la situazione, ti consiglio di leggere don Camillo.
Giovannino Guareschi ambienta la saga di don Camillo e Peppone nella bassa reggiana nell’immediato dopoguerra. Nonostante il tono poetico e quasi favolistico, armi e scontri sono all’ordine del giorno.
Mio marito ricorda che suo nonno, un proprietario terriero, ancora nel 1950 girava armato e mai da solo.
Nonna pagò un prezzo per avere preso le distanze da questo pezzo di storia. E per molto tempo qualcuno non volle riconoscerle lo status di partigiana.
Non assomiglio a nonna, salvo per quella cosa dei capelli che restano neri nonostante gli anni. Di sicuro ho ereditato da lei un forte senso di indipendenza e di giustizia.
Festeggio il 25 aprile pensando a Sara e al sacrificio generoso di una intera generazione. E mi addolora osservare questo mondo in guerra dove, da ogni lato, si commettono inutili brutalità.
Io sto con la gente, quella come me e te, a prescindere da quale sia il suo angolo di mondo. E sono contro tutti i governi e le forze politiche che scelgono la guerra. Questo per me è il 25 aprile.
L’Italia ripudia la guerra (art. 11 della Costituzione).
E io “per fortuna o purtroppo” sono italiana.
Di un trasloco imminente e della rinuncia a essere multitasking
Dobbiamo affrontare una non complessa ristrutturazione del nostro appartamento che, lo stesso, richiede di spostare tutto.
Da alcuni mesi ho iniziato a fare ordine negli armadi e tra le mie carte.
Questo sarà il sesto trasloco della mia vita. Tuttavia ho scoperto che dopo i 50 anni questo evento significa prendere seriamente in considerazione cosa tenere e cosa lasciare andare. Una bella frase per dire che molte delle mie cose (e della mia vita precedente) stanno andando o finiranno in discarica.
Nel frattempo, tengo a bada la tentazione di essere multitasking, tendenza sbagliata e quasi sempre femminile di gestire e occuparsi di tutto.
Tu hai mai sentito un uomo vantarsi di essere multitasking? Io no.
Pochi giorni fa, mio marito e io eravamo in banca e un giovane impiegato raccontava che lui si occupa delle pulizie di casa ma fa una sola cosa per volta. Mio marito, seduto accanto a me, ha risposto: bravo! questo è l’unico modo per fare bene le cose.
Dal New York Times del 6 aprile 2024
“C'è molta pressione per il multitasking, ma il nostro cervello non è in grado di fare più di una cosa alla volta, dicono gli esperti. Ci sono modi per essere più intelligenti nel nostro approccio”.
Ti lascio il link all’articolo completo di Anna Borges.
Capito? Ho tirato il freno a mano. Vediamo cosa succederà.
Comunque di trasloco e ristrutturazione ti racconterò di più prossimamente.
Nei prossimi mesi non so quanto riuscirò a essere regolare nella scrittura e nell’invio della newsletter. Se non mi trovi nella tua casella email, cercami dentro uno scatolone.
Bologna la grassa: e quella contadina?
Era una idea che avevo in testa da tempo.
È stata l’intervista che ho fatto a dicembre con Micol Lavinia Lundari Perini per Il Gusto - La Repubblica a sbloccare quello che mi girava in testa.
Con Lavinia abbiamo chiacchierato di ricette povere dell’Emilia-Romagna per costruire una proposta di menù delle feste basato su piatti contadini e del riciclo.
La tradizione gastronomica di una regione che sin dai tempi dell’Impero Romano era famosa per ortaggi, frutti, grani e legumi, ha un vasto repertorio di ricette povere che, spesso, sono anche vegetariane e vegane.
La progressiva perdita della biodiversità vegetale e la scomparsa di molte varietà di frutti e ortaggi è andata di pari passo con quella delle ricette della tradizione povera. Soprattutto in regioni come l’Emilia-Romagna dove l’industria alimentare ha dettato le regole imponendo, di fatto, le varietà da coltivare.
Sul blog ho pubblicato un certo numero di ricette della tradizione contadina. Forse senza dare loro il giusto inquadramento e valore. Come dico spesso, la mia nonna contadina oggi sarebbe una perfetta chef vegetariana /vegana.
Se i piatti della Grassa Bologna e le paste riccamente farcite della Via Emilia sono note, c’è una intera pagina di storia gastronomica che nel giro di 80 anni abbiamo dimenticato.
Complice un pranzo della domenica e un’amica di Genova sposata a un bolognese, ho ripreso in mano questa lista e so di volerci fare qualcosa.
Ti lascio con la mia ricetta di focaccia tricolore.
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Buon 25 aprile, alla prossima!
La Ricetta.
Focaccia tricolore
Per molti pezzi
Ingredienti
20 g di lievito di birra fresco + 50 ml di acqua tiepida
400 g di farina 00
3 cucchiai di olio d’oliva + quello per spennellare la focaccia
200 ml circa di acqua a temperatura ambiente
sale fino, 5 g
1 pomodoro grande, ½ burrata o una mozzarella, basilico
Procedimento
Sciogli il lievito nell’acqua tiepida.
Versa la farina su una spianatoia, ricava uno spazio al centro e versa il lievito sciolto in acqua con due cucchiai di olio di oliva.
Inizia a impastare con le mani, aggiungendo l’acqua tiepida poco per volta e continua fino a che avrai un impasto elastico ma non appiccicoso.
Nel caso aggiungi poca farina.Metti l’impasto in una ciotola unta d'olio, copri con un panno e fai lievitare per circa un’ora o fino al raddoppio.
Ungi le mani con un cucchiaio di olio e lavora di nuovo l’impasto.
Poi stendilo nella teglia, spennella la superficie con una miscela di acqua e olio d’oliva e lascia lievitare ancora per circa un'ora.Accendi il forno a 200 gradi, funzione statica, quando arriva a temperatura abbassa a 180, inforna e cuoci per circa 25 minuti.
Togli la focaccia dal forno e lascia raffreddare.
Nel frattempo, lava pomodoro e basilico. Taglia il primo a fette sottili e condisci con poco olio, sale e pepe.
Taglia la focaccia a cubetti e guarnisci ogni pezzo con una fetta di pomodoro un cucchiaino di burrata (o una fetta di mozzarella) e una foglia di basilico.
Consigli
Puoi usare della farina di farro.
Se preferisci, impasta con la planetaria.
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Monica, grazie per aver condiviso la storia di nonna Sara. Ogni celebrazione del 25 aprile mi rendo conto di quanto dobbiamo essere grati a chi ha avuto il coraggio (ma forse in situazioni del genere è inevitabile fare una scelta così) di rischiare la propria vita per la libertà di tutti. Buon 25 aprile ❤️
Grazie, forse il ricordo più bello tra quelli che ci hai regalato. Buon “trasloco” e resta come sei, vai benissimo così 🌷