La mia nuova cucina: il progetto
E poi, una strana convivenza e una torta di yogurt greco e fichi caramellati
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Conosci un altro luogo come la cucina capace di produrre cibo e ricordi in pari misura? Io no, ma oltre all’epica familiare c’è di più. Ad esempio, l’evoluzione storica di uno spazio che, se ci pensi, nasce come focolare all’aperto.
Possibili letture
Bill Bryson, autore di libri di viaggio, ha scritto un itinerario partendo dall’esplorazione di casa sua. Non hai idea di quanto questa ricerca porti lontano: Bill Bryson, Breve storia della vita privata, ed. Guanda.
Storia breve delle nostre cucine
Sarò concisa che so esserci attesa sul progetto della MIA cucina. Tuttavia, la stanza più amata della casa merita un breve excursus storico, giusto per tenere a mente che siamo partiti da un fuocherello fuori grotta.
Prima di tutto avrai ormai capito che se il fatto non ha origine nel Neolitico non lo prendo nemmeno in considerazione.
Scherzi a parte, un momento prima della rivoluzione agricola che regala all’umanità pane e pasta, nel Neolitico accadono altre due cose rilevanti. L’uomo scopre il fuoco (e come gestirlo) e costruisce i primi contenitori di terracotta. Senza scomodare il filosofo e antropologo Claude Levi-Strauss, anche se ti consiglio la lettura de Il crudo e il cotto (ed. il Saggiatore), fuoco e pentole innescano il cambiamento che sono alla base dell’attività del cucinare.
E, d’altro canto, quanto puoi andare avanti a farlo open air? Certo, deve passare moooolto tempo prima che quel braciere si alzi da terra e diventi camino, inizialmente posto al centro della stanza poi addossato a una parete, ma sappiamo che succederà. Nelle case dei ricchi Egizi, Greci e Romani troviamo le prime stanze dedicate alla preparazione delle pietanze.
Questo modello rimane inalterato per secoli. Nobili e borghesi possiedono ampie cucine poste in un’ala secondaria o nei piani interrati di castelli e palazzi dove i domestici preparano i pasti senza che la vita familiare sia turbata da odori molesti o passaggio di merci, servi e fattorini. Per tutti gli altri la cucina resta un focolare esterno o un camino che domina l’unica stanza della casa dove uomini e bestie vivono insieme.
Possibili letture
Ne La cucina inglese di Miss Eliza (di A. Abbs, ed. Einaudi), trovi una dettagliata descrizione di una cucina di questo tipo. Merita anche quella di Gaia Servadio in La cucina in valigia (Neri Pozza).
Sopra o sottoterra, le cucine per secoli sono stanze spartane che, di solito, comprendono un grande camino, un enorme tavolo e qualche madia. Con il Rinascimento, e l’introduzione di piatti, posate e di nuove tecniche di cottura che richiedono più pentolame, la cucina diventa via via più attrezzata.
Le prime stufe alimentate a legno, poi a carbone, più tardi a gas combustibile, come anche il lavello con scarico, compaiono tra Settecento e Ottocento.
Finalmente, nel corso del Novecento, la tecnologia elettrica dà una spinta decisiva alla trasformazione della cucina.
In Italia, tra gli Cinquanta e Sessanta del Novecento, la diffusione dei frigoriferi e dei fornelli integrati con il forno trasforma la cucina in uno spazio dove conservare oltre che cucinare. Infine, la spinta verso l’urbanizzazione spazzerà via il cucinino per trasformare la cucina in una stanza abitabile adibita alla preparazione dei pasti familiari ma adatta anche a studiare, ricevere ospiti, persino rilassarsi guardando la tv.
La cucina non è più un luogo da celare ma da mostrare e guadagna nuovo spazio diventando parte integrante del soggiorno.
Tu per caso ricordi l’arrivo del primo frigorifero o magari di qualche elettrodomestico speciale? Io, per esempio, rammento benissimo l’ingresso a casa del congelatore a pozzetto verso la fine degli Settanta.
La prima cucina non si scorda mai
Il primo ricordo è un cucinotto affacciato da un lato sui tetti e dall’altro aperto sulla sala da pranzo. E anche se avevo solo 3 anni non mi piaceva.
Poi la mia famiglia lasciò la casa in centro storico per un quartiere di nuova costruzione che era più campagna che periferia. E, a dirla tutta, nei decenni le cose non sono cambiate visto che nelle sere d’estate puoi ancora rincorrere le lucciole e sentire lo sferragliare dei treni notturni.
Nella nuova casa, la cucina era abitabile e lì avveniva, oltre alla preparazione, il consumo dei pasti della famiglia. Se c’erano ospiti, la porta solennemente chiusa rimarcava la sua natura di spazio intimo e privato.
Quella è la cucina dove sono cresciuta. È quella di memorie fritte e ricordi bolliti, del vapore acqueo così denso da sembrare la nebbia di Amarcord, di sorrisi e carezze che avevano forma di spumini e cappelletti, i tortellini solo a Natale o giù di lì.
Ripenso spesso all’atmosfera di quella cucina ora che sto progettando la mia.
La decisione: ristrutturare
Fino a pochi anni fa la mia giornata iniziava presto, finiva tardi e trascorreva lontana da casa. Spesso ero impegnata anche per buona parte del fine settimana. Ti dico solo che la mia cane precedente, Emma, pensava fossi un ospite e non un membro della famiglia.
L’anno prima dell’inizio dell’epidemia da Coronavirus sono successe molte cose. Un po’ ho detto (qui, ad esempio), molto resta da dire. Non oggi.
Tornando al tema di questa newsletter, durante il lockdown, avendo tempo di osservare casa, notai le conseguenze di una certa disattenzione e del passare del tempo. Con mio marito ci siamo trovati d’accordo che la somma degli interventi equivaleva a una ristrutturazione e così eccomi qui ad attendere la fine dei lavori mentre vivo un’esperienza senz’altro originale.
Hai mai vissuto in uno studio legale?
Villino Eleonora è una grande e bella casa di campagna collocata alle porte di Bologna. L’espansione della città ha trasformato il contesto che ora è di quasi campagna, come ricordano da un lato il rumore delle macchine e dall’altro gli scuri socchiusi a respingere l’assalto del caldo o il silenzio della quiete serale rotto solo dal vento e dal canto degli uccelli notturni.
Mio marito e io, a un certo punto, abbiamo trasformato il villino in Casa Nora, un Room and Breakfast. Poi, di nuovo, il Covid ha mescolato le carte e la struttura ora è uno studio legale.
Di sera e nel weekend è una casa a tutti gli effetti, di giorno condivido gli spazi con avvocati e clienti. Non c’è stato imbarazzo da parte di nessuno, per quanto sembri strano e lo sia. Ho scoperto che questi avvocati mangiano molto e volentieri e capita che qualcuno se ne vada con mezza ciambella sottobraccio neanche fosse una baguette. E poi lo scambio chiama scambio, ed ecco che per un dolce arriva un cestino di uova padovane. Insomma è strano ma bello.
La cucina che sto usando (foto di apertura e sotto) è la stessa di quando il R&B era in attività e dove ho preparato centinaia di colazioni e pasti on demand. Non è abitabile ma incredibilmente funzionale. Quando la pensai con il progettista dell’Ikea avevo le idee chiare: mensole in alto per dare l’impressione di uno spazio più grande, mobili chiusi in basso, isola al centro, dispensa a vista appoggiata al muro di mattoni rossi, doppio forno in colonna.
Riassumendo: per il progetto in corso cerco l’atmosfera della cucina dove sono cresciuta e ispirazione qui.
Una nuova cucina per una nuova me
Prima dell’inizio dei lavori pensavo che avrebbe avuto mobili di legno scuro. Su Pinterest ho creato una cartella zeppa di immagini di questo tipo (un paio le trovi nel video).
Poi ho iniziato a girare per cercare i materiali e non ti dico la sorpresa quando ho realizzato che le mie scelte andavano in una direzione diversa da quella assaporata per mesi.
Sarà una cucina luminosa, chiara, aperta e, spero, accogliente.
Questa cucina prende forma da un progetto che è solo nella mia testa, non esiste un rendering, quello l’ho fatto sul pavimento usando lo scotch da muro.
Cercherò di tratteggiare il progetto a parole.
La stanza è ampia, ha due finestre e pareti bianche.
E visto che prima era camera da letto, ho deciso di lasciare una delle tre ante del vecchio armadio a muro per ricavare una (grande) dispensa (profondità 90 cm). Penserò al colore per dipingere le ante a lavori terminati.
La cucina, oltre alla dispensa, avrà un tavolo, un’isola, e un mobile che troverà posto nella parete attrezzata rivestita con semplici mattonelle bianche. E visto che vorrei tutto a vista e a portata di mano, ho scelto mensole e mobili senza sportelli. Gli arredi, compreso il tavolo da pranzo, saranno realizzati artigianalmente da Petru (il muratore e artigiano che vedi con me nel video), su mio disegno, in abete bianco. II top di quarzo che ho scelto per l’isola mi procura brividini di gioia sin dal nome: Polar White.
Il legno scuro e i colori che avevo in mente hanno lasciato il posto a una cucina dal sapore quasi scandinavo: essenziale, luminosa, senza colori.
Credevo di essere noce e ho scoperto di essere abete (bianco).
E un’altra cosa: io che “non sapevo cosa fosse la vocazione a essere me”, l’ho trovata. O meglio, ho trovato il coraggio di accoglierla e ora sto cercando di insegnarle a volare.
Adesso che sono quasi alla fine di questa ristrutturazione, mi è chiaro che non è solo una questione estetica. Quando un certo pensiero si è fatto strada, ho sentito le gambe tremare. Ecco il pensiero: io sarò il colore della mia cucina. Una sorta di rivoluzione copernicana per me che ho passato i primi cinquanta anni di vita semi nascosta, impegnata a trattenere la mia Voce e i miei Colori.
Ora lo so, questa cucina è anche un nuovo inizio per una nuova me.
E in questo spazio di luce e lentezza, ti aspetto per cucinare insieme, dal vivo oppure online. Scrivimi una email se sei interessato. Invece per aggiornamenti sugli sviluppi della mia epifania e della vocazione a essere me stessa, continua a leggere questa newsletter.
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Ora ti lascio una ricetta che non saprei dirti se è di stagione.
Per me lo è e ti spiego in che senso.
La Ricetta
Torta di yogurt greco con fichi caramellati
Il ricordo è preciso.
Le stagioni scandite dalle cassette di frutta e verdura che prendono posto prima in vaso e poi in cantina.
L’attività era frenetica, soprattutto da giugno a ottobre.
Confetture, marmellate, sciroppi, succhi, giardiniere, frutta sciroppata e molto altro stipavano gli scaffali della cantina di casa. A giugno nonna si affrettava a utilizzare le scorte dell’anno precedente, soprattutto fichi caramellati e pesche sciroppate, per fare posto alla nuova produzione.
Ecco come è nata questa ricetta. Ero in fila da Simoni, nota gastronomia del Quadrilatero, in pieno centro a Bologna, quando lo sguardo si è posato sulla vasca dei fichi caramellati vicino ai formaggi morbidi. Ho comprato yogurt greco e fichi caramellati ripensando alla vecchia cantina di casa e a nonna che era attiva come una piccola ape furibonda.
Una volta a casa ho fatto la torta mescolando lo yogurt nell’impasto e versando la frutta all’interno. Tu puoi anche decidere di non metterla nel dolce ma aggiungerla in un secondo momento (lascia raffreddare, poi taglia orizzontalmente e farcisci. È sempre bello sapere di avere più opzioni, non credi?)
Una piccola ape furibonda.
Chi regala le ore agli altri vive in eterno (Ada Merini)
PS: credo che nonna lo sapesse
Stampo 20 cm diametro
per 6 persone
Ingredienti
200 g di farina di farro, oppure 00
100 g di zucchero di canna, o semolato
1 bustina di lievito non vanigliato per dolci, 16 g
1 pizzico di sale
scorza grattugiata di ½ limone
300 g di yogurt greco
200 g di fichi caramellati
zucchero grezzo di canna per la superficie, oppure zucchero a velo
Procedimento
Preriscalda il forno a 180 gradi, funzione statica.
Mescola gli ingredienti secchi in una ciotola con un cucchiaio.
Aggiungi il profumo del limone e lo yogurt.
Amalgama gli ingredienti con la frusta elettrica.
Fodera lo stampo con un foglio di carta forno inumidita e strizzata.
Versa ¾ del composto nello stampo, al centro sistema i fichi caramellati e copri con quel che resta della pastella. Usa una spatola per coprire la frutta (che è pesante e ritroverai quasi sul fondo del dolce come si vede nella foto).
Spolvera la superficie con zucchero grezzo di canna per un effetto bruciacchiato. Oppure spolvera con zucchero a velo dopo avere cotto e lasciato raffreddare il dolce.
Cuoci in forno già caldo per circa 40 minuti o fino a quando i bordi saranno dorati.
Conserva la torta coperta, anche fuori frigorifero, per alcuni giorni.
Se fa molto caldo, riponi il dolce in frigorifero.
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Questo fritto misto mi è piaciuto un sacco! Mi ricordo bene il vecchio frigorifero di mio nonno che aveva il mini scomparto per il ghiaccio e di sabato, quando andavamo a trovarlo lui ci mettete i mottarelli che comprava al bar la mattina per darceli a merenda.
Inoltre ti ringrazio per il consiglio di lettura di Brusson, ho già letto alcuni suoi volumi e li ho adorati... domani mi fiondo in libreria ad ordinarlo.
Per quanto riguarda il tuo nuovo progetto... come ho letto di recente... è una cosa fantastica collimare con sé stessi perciò avanti tutta Monica, non vedo l'ora di vedere la tua opera e spero di venire un giorno anche a collaudarla di persona🤗
Bellissimo assistere alla nascita della cucina (mi sembra di sentire la tua risata mentre racconti dei lavori...) e di un nuovo capitolo di vita e di chissà che altro. Che sia pieno di avventure e colori, mia cara!