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Grazie, Monica
Sin dai tempi dell’università ho capito che se vuoi lasciare un buon ricordo di te e magari anche qualche nozione-barra-concetto di quello che hai spiegato nel corso di una o due ore, una risata può fare molto.
E così quando durante un corso di formazione capita che qualcuno domandi a quale comunicatore del passato o del presente mi ispiro, do questa risposta:
La pasta. Studiate la pasta.
Seguono un breve silenzio e uno scoppio di risa. Ed ecco che tutti gli occhi sono di nuovo puntati su di me.
Lo penso veramente. La pasta è una grande comunicatrice.
Dagli esordi "avanti Cristo", alla prima industria pastaria, agli scaffali del supermercato del Novecento fino ai canali social del Duemila, la pasta ha attraversato i secoli, evolvendo.
È un esempio di cibo vivente.
La sua storia riempie libri e musei ma lei non corre mai il rischio di essere relegata a "reliquia". La sua voce è sempre fresca e attuale.
La mia risposta è quindi una provocazione per accendere un punto di vista diverso e per ricordare che la puoi fare, toccare, cucinare, mangiare, fotografare e raccontare… ma anche lei ha una voce.
Nel 1977 la rivista tedesca Der Spiegel pubblica un piatto di spaghetti in bianco conditi da una P38: Pasta = Italia =Mafia. L’utilizzo del termine come sinonimo di Italia è chiaro ed efficace.
Nel 2022 The Economist dedica la sua copertina alla premier dimissionaria Liz Truss mentre indossa uno scudo che sembra una pizza e impugna una lancia-forchetta di spaghetti. Il titolo? Welcome to Britaly. Anche in questo caso la parola è utilizzata con riferimenti poco lusinghieri all’Italia.
Un prodotto evocativo come la pasta si presta per dare voce a molte storie: quelle delle famiglie separate dall’oceano, delle vite delle donne confinate in cucina, dei migliori ricordi e dei peggiori stereotipi.
Diamo i numeri?
Nel 2021 nel mondo sono stati prodotti 16,9 milioni di tonnellate di pasta
(fonte: International Pasta Organization, 2022).
I 5 paesi dove è stata consumata più pasta sono:
Italia, i chilogrammi di pasta consumati pro capite ammontano a 23,5.
(Il nostro paese è anche il maggior produttore mondiale e di questa produzione il 50% è destinata al mercato straniero)Tunisia (17 kg pro capite)
Venezuela (15 kg)
Grecia (12,2)
Perù (9,9)
Come nasce una fake news?
A un certo punto qualcuno dice una cosa. È una notizia che inventa per nuocere/aiutare/manipolare o che, semplicemente, ripete senza verificare.
Lo scopo? Nuocere/aiutare/manipolare/dare aria alla bocca.
Esistono anche casi storici di fake news dove la falsa notizia non ha origine da una precisa volontà manipolatoria ma da semplice errore umano.
Pensa a quanti sbagli storici sono stati involontariamente creati da monaci amanuensi e miniaturisti del MedioEvo che lavoravano a lume di candela con le mani ghiacciate dal freddo che infiltrava i corridoi e le biblioteche dei monasteri.
Chissà quante fake news storiche abbiamo preso per buone.
Quella su Marco Polo che scopre la pasta in Cina, ad esempio, nasce da un equivoco.
Nei manoscritti originali del Milione il nostro viaggiatore scrive della farina di sago, un amido estratto dalle palme che gli abitanti dell’isola di Sumatra usavano per fare lasagne.
E anche se molti considerano Marco Polo lo scopritore degli spaghetti, la verità è che il testo non contiene cenni su nessuna pasta.
Tra l’altro questa versione degli spaghetti e Marco Polo conduce direttamente verso la scaletta di un piroscafo in partenza per gli Stati Uniti. E visto che non so se hai la valigia pronta, ne parleremo prossimamente.
Allora come avviene ‘sta cosa che Gadda avrebbe chiamato pasticciaccio brutto e che vuole Marco Polo importatore della pasta dalla Cina?
Colpa di un monaco amanuense? No, di un’umanista del 1500.
Due secoli dopo il viaggio narrato ne Il Milione, l’umanista, diplomatico e geografo Giovanni Battista Ramusio, curando una serie di testi legati ai viaggi di scoperta per la Repubblica di Venezia, manipola quello del viaggiatore veneziano trasmettendo al lettore l’idea che la farina di sago, di cui Polo aveva portato un campione a Venezia, fosse pasta in generale. Da questo passaggio, in seguito, c’è chi ha attribuito alla Cina le origini della pasta italiana.
Questa notizia falsa ci ha condotti lontano dalla vera storia e scrivendo Mezzaluna Fertile ti fornisco le coordinate storiche e geografiche del nostro prossimo spostamento. Niente piroscafo, galea di legno e preparati a remare.
A proposito di spaghetti.
Gli spaghetti alla Bolognese esistono
Esistono due ricette di spaghetti alla Bolognese. Si, due.
Una appartiene alla tradizione locale della città turrita e si tratta di uno dei segreti meglio custoditi dalle azdore Bolognesi, l’altra nasce Oltreoceano.
Gli spaghetti alla Bolognese “di Bologna” si condiscono con una salsa di tonno, mentre i cugini americani con ragù e polpette.
Entrambe le ricette nascono nella cucina che amo di più, quella di casa.
E da qui, con fortune diverse, inizia la loro storia.
La prima è nota ai Bolognesi, neanche tutti, e poco o nulla conosciuta (anche) nel resto d’Italia.
La seconda è più famosa e divisiva per la nota polemica che l’accompagna di ricetta “inventata”.
Ma quando milioni di persone nel mondo cucinano e mangiano un piatto, come si fa a dire che quella ricetta non esiste? Soprattutto considerando che la trovi servita pure in Italia nei ristoranti per turisti o di confine (Alto-Adige).
Spaghetti alla Bolognese d’America
È una ricetta legata al contesto degli italiani emigrati che cucinavano con gli ingredienti a loro disposizione, mescolando e sovrapponendo memorie che il tempo e la distanza avevano reso un po’ sfocate.
Nel caso degli spaghetti alla Bolognese immagino una famiglia d’origine italiana, una che magari non c’entrava nulla con la città Felsinea. E come la famiglia neppure il ragù era un vero Bolognese considerando la presenza delle polpettine di carne.
Una tradizione che porta verso il sud Italia, di certo non a Bologna.
Personalmente provo simpatia, anche tenerezza, per questo piatto che nasce in una cucina di CASA geograficamente e sentimentalmente lontana “DA CASA” (intesa come patria e luogo di affetti familiari).
L’unica ragione per cui non cucinerei mai questo piatto è che contiene un errore tecnico. La pasta lunga di grano duro non raccoglie il sugo di carne che scivola via senza restare attaccato agli spaghetti.
Ma tu gli spaghetti alla Bolognese d’America li hai mai mangiati?
Hai parenti che vivono laggiù, i famosi parenti d’America?
Spaghetti alla bolognese di Bologna
Il piatto è noto a Bologna e nelle aree limitrofe. In passato, alla sua diffusione hanno contribuito il basso costo degli ingredienti, l’abitudine di cucinare tonno e altri pesci e la necessità di seguire il precetto cattolico di astinenza dalle carni nei giorni previsti dalla liturgia.
Tra le ricette di cucina Bolognese, di magro e non solo, trovi ingredienti come il baccalà, oltre al tonno, che forse non ti aspetteresti da una città non di mare. Naturalmente non è l’unico esempio che ti posso fare.
Pensa alla relazione tra baccalà e Vicenza, anch’essa lontana dal mare.
Ma tra i c’era una volta che raccontano Bologna bisogna ricordare i canali e che la turrita era navigabile. Ancora oggi esiste un quartiere che si chiama Porto visto che lì sorgeva appunto l’antico porto. Il pesce arrivava via terra e via canali dall’Adriatico, dalla laguna del Delta del Po e anche da più lontano.
Devo aggiungere inoltre una nota legata alla commercializzazione del tonno, importante per la diffusione del piatto.
A fine Ottocento, il francese Appert inventa le scatole a tenuta stagna che permettono di commercializzare il tonno sott’olio al posto di quello essiccato.
Da inizio Novecento, la ricetta prende piede nelle cucine domestiche.
E lì resta, nel senso che i ristoranti della città non hanno mai accolto nel menù questo piatto casalingo troppo semplice e, in questo modo, ne hanno limitato la conoscenza fuori dai confini territoriali.
Eppure la decisione dell’Accademia della Cucina Italiana di registrare la ricetta presso la Camera di Commercio della città è un riconoscimento della sua popolarità. Quella depositata racconta una salsa con tonno e pomodoro ma la versione bianca era ed è altrettanto diffusa.
Tu conoscevi l’esistenza degli spaghetti alla Bolognese di Bologna?
Una ricetta di casa
La forza di questa ricetta? È un piatto facile e alla portata di tutti che ogni famiglia, nel tempo, ha interpretato.
Questo sugo si fa con il pomodoro ma anche in bianco.
C’è chi parte da una base di aglio, chi da una con la cipolla.
L’ingrediente che non manca mai è il tonno.
A casa da me era il piatto della Vigilia di Natale e del periodo quaresimale.
La versione della mia famiglia è in bianco, senza pomodoro, e così pure in quella di mio marito.
Nonna cuoceva lentamente un soffritto di cipolla e capperi tritati prima di unire il tonno scolato dall’olio d’oliva e poi sbriciolato con la forchetta. Il sugo era pronto dopo una cottura di pochi minuti. Il condimento riprendeva vigore con un mestolino generoso di acqua di cottura della pasta prima di abbracciare gli spaghetti.
Io aggiungo anche qualche oliva tritata a coltello.
Ora tocca a te, aggiungi il tuo tocco personale a una ricetta ricca di varianti e sfumature.
Saluti
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Monica cara leggerti è sempre un piacere ed è come assistere a una conferenza, arricchisci le ricette con storie interessanti, grazie e buon lavoro ❤️