La rete invisibile delle donne prima del web: amicizia, connessioni e ricettari
E un piatto di crostini misti vegetariani e conviviali
Nonostante la pioggia e il freddo, marzo è iniziato nel migliore dei modi, ossia con la visita di una cara amica che abita lontano.
Non abbiamo fatto molte foto insieme. Più che altro abbiamo fotografato Bologna, camminato molto, a volte tenendoci sottobraccio, e, dopo una cena abbondante, abbiamo camminato ancora.
Il tempo era poco e le cose da dire molte. Anche se ci sentiamo spesso, le grandi amicizie, sicuramente lo sai anche tu, sono creature perennemente affamate di parole.
Le questioni inerenti il lavoro sono state liquidate in fretta per lasciare posto alle varie ed eventuali della vita.


Entrambe condividiamo la cura di un mondo interiore che abbiamo costruito da bambine come rifugio dalla solitudine e luogo di protezione dagli spigoli che feriscono l’anima. Nel tempo, quello spazio interiore è cresciuto, diventando anche incubatrice per idee che hanno bisogno di tempo per maturare o deposito per sogni che non è ancora tempo di sognare.
Nel caso di Amanda è stata la malattia, la dislessia, la causa del Big Ben che ha dato origine a quel mondo rifugio dove una Amandina piccola e smarrita riusciva a fare, dire, leggere, imparare senza le difficoltà che incontrava nella vita quotidiana. Io ho imparato cosa è la dislessia grazie a lei lei anche se so qualcosa di quello smarrimento avendo vissuto con una persona che ha incontrato un ostacolo simile.
Quello che conta è che Amanda non si può definire e neppure contenere.
Le dico sempre che lei è la mia Mariarosa (icona del Carosello italiano) per quel suo mondo pieno di avventure, creazioni prodigiose, mantelle e velette d’altri tempi. E la faccio ridere quando le canto la canzoncina brava brava Mariarosa quante cose sai far tu, qui la vita è più rosa solo quando ci sei tu.
Tra le varie cose, Amanda scrive una newsletter esuberante e poetica, pratica e interessante visto che intreccia molti temi e diversi piani. Lo sfondo è il suo mondo gentile, emozionante, autentico. Leggerla fa bene a chi la legge. A me toglie strati di ansia, lasciando la mente più leggera e l’orizzonte più sgombro.
Una figura che torna spesso nei racconti di Amanda è quella de il Paolo che potrebbe sembrare un personaggio immaginario e invece è suo marito. Di lui parla spesso ma nessuno sa che faccia abbia. Per chi ha memoria di vecchi telefilm polizieschi, Paolo è paragonabile alla moglie del tenente Colombo che lui cita in quasi ogni episodio ma nessuno l’ha mai vista. Ecco, il Paolo esiste, garantisco.
Amanda mi ha portato dei doni. Le uova delle sue galline e la carta bellissima fatta da lei. Ogni foglio è unico e se non avessi una orribile calligrafia seguirei il suo consiglio di usarla per scrivere a mano qualche ricetta, come si faceva una volta.



Le donne del passato e una Rete diversa
Le donne di inizio Novecento non avevano internet e social networks.
Ugualmente, i loro ricettari sono una porta spalancata sul mondo e riservano sorprese sia che contengano gli appunti scritti in chiara e bella grafia da donne appartenenti a nobiltà e alta borghesia sia che abbiano i caratteri incerti nella grafia e nella forma delle donne di ceto sociale inferiore che avevano una istruzione minima. Ed erano già un passo avanti rispetto alla maggioranza completamente analfabeta.
Per questa ragione, potremmo pensare che i ricettari delle ragazze di buona famiglia siano una sorta di viaggio tra sofisticati sapori familiari, regionali e internazionali mentre i secondi una mera raccolta di ricette fortemente locali della tradizione povera, contadina o popolana.
In realtà, questa conclusione è vera e sbagliata allo stesso tempo.
Senza citare ricettari nati da antichi scambi epistolari tra nobildonne, le donne nate tra gli anni Dieci e Trenta del Novecento, anche quelle di ceto non elevato, crearono una rete basata sullo scambio di ricette per lettera.
Tutto iniziava da una notizia sentita o riportata che accendeva la curiosità, segno di intelligenza e fame di vita. La conoscenza e lo scambio erano affidati a un foglio di carta. Grazie a una lettera accorciavano distanze enormi per l’epoca scoprendo sapori e ingredienti diversi.
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, grazie a una forte ondata di immigrazione interna, la mia nonna materna, come tante altre, entrò in contatto con donne di altre regioni che dal Sud si spostarono al Nord. Ognuna aveva una parente rimasta al paese d’origine alla quale chiedere questa o quella ricetta.
Purtroppo abbiamo perso le lettere. Ugualmente, dalle poche sopravvissute emerge la connessione di cui parlavo. A queste donne va il merito di avere fatto circolare ricette locali oltre i confini del paese e della regione d’appartenenza, fornendo un innegabile contributo alla creazione di una cucina da regionale a italiana. Purtroppo questo apporto rimane quasi completamente da esplorare.
Nel giro di un decennio, il telefono divenne un nuovo strumento. Portava il suono di voci lontane velocizzando la comunicazione. Ricordo ancora nonna, seduta vicino al telefono mentre prende appunti su qualunque cosa abbia a portata di mano, anche le stesse buste dell’ultima lettera ricevuta.
Mentre noi accediamo alla Rete, loro se la costruirono. Anche se mi conforta il pensiero che in ognuna di noi sopravvive qualcosa di quelle antiche pioniere ogni volta che scambiamo un dono casalingo o mettiamo su carta una ricetta.
La Rete
A dirla tutta, La Rete, ossia internet accessibile a un vasto pubblico, è cosa abbastanza recente e la diffusione di food bloggers e food writers inizia solamente a partire dagli anni Novanta del secolo scorso.
Tra i pionieri David Lebovitz, Jim Leff and Bob Okumura (creatori di Chowhound).
Nel 2005, il primo blog italiano di successo è Il Cavoletto di Bruxelles della belga Sigrid Verbert, seguita l’anno successivo da Sonia Peronaci, creatrice di Giallo Zafferano, una piattaforma che riunisce tanti food bloggers sotto lo stesso marchio e che oggi fa parte del gruppo Mondadori.
Di recente, lo storico Massimo Montanari ha indicato Pellegrino Artusi come il primo food blogger italiano. Certamente, il gastronomo romagnolo pubblicò un’opera originale e innovativa per la sua epoca dove trovarono spazio anche ricette inviate dai lettori, soprattutto donne. Tuttavia, una caratteristica del blog è di essere una piattaforma online e, proprio l’assenza della rete, a mio parere, rappresenta una forzatura nell’inserimento di un autore Ottocentesco in questa categoria.
E comunque si torna alle donne che inviarono a una persona che non conoscevano, e non avrebbero mai incontrato, una ricetta di famiglia.
I ricettari prima della Rete
La trascrizione di una ricetta su un foglio di carta è un gesto antico. Quegli appunti casalinghi, scritti diligentemente su un quaderno, rappresentano gli antenati dei libri di cucina e, naturalmente, di ogni food blog.
Tranne per alcune significative eccezioni, la maggior parte dei libri di cucina pubblicati prima del 1900 furono scritti da uomini per altri uomini. Storicamente, la cucina di tutti i giorni, era un compito da donne; mentre quella creata per soddisfare vista e palato di nobili, principi e Papi era riservata agli uomini. E questa è l’arte culinaria che viene pubblicata.
Le donne, che nei secoli, hanno nutrito con amore facendo fiorire ingredienti e vite, trasmettevano oralmente saperi e ricette alla generazione successiva. A favorire la trasmissione prevalentemente orale fu (anche) l’analfabetismo che per molte rimase un dato di fatto fino a metà del Novecento.
In Italia non abbiamo notizie di ricettari scritti da donne in età antica come quello attribuito a Philippine Welser che documenta le tradizioni culinarie di area tedesca. Il manoscritto, che non fu pubblicato, reca la data 1544-1545 e contiene 200 ricette. All’epoca, l’autrice aveva 18 anni e molti ritengono che la giovane fosse la destinataria più che l’autrice dell’opera la quale, probabilmente, fu commissionata dalla madre per quella figlia in età da marito.
Anche il quaderno dalla copertina nera scritto dalla mia nonna materna porta il nome di mia madre, ovvero della persona per la quale è stato pensato e scritto.


Il primo libro tedesco di ricette scritto da una donna e stampato è quello di Anna Wecker (1597) nel quale l’autrice raccoglie ricette di piatti elaborati, piatti da tutti i giorni, piatti veloci e consigli per le famiglie meno abbienti. Hannah Volley, nel 1670, pubblica in Gran Bretagna un libro di istruzioni per le padrone di casa e suggerimenti culinari.
È interessante menzionare anche la struttura delle ricette di questi vecchi libri dove gli ingredienti sono menzionati nel procedimento senza fornire indicazioni in merito alla quantità.
Due donne sono state importanti per rompere questo schema traghettando i libri di cucina verso la modernità: Eliza Acton, Modern Cookery for Private Families (1845), e Isabella Beeton, Mrs Beeton's Book of Household Management (1861). Entrambe proposero ricette dove la lista di ingredienti e quantità era separata dal procedimento.
Consigli di lettura
La storia di Miss Eliza è ben raccontata nel romanzo di Annabel Abbs, La cucina inglese di Miss Eliza (Einaudi, 2022).
Lentamente, nel corso del Novecento, l’affermazione della borghesia e una maggiore alfabetizzazione femminile, portarono all’affermazione di un nuovo tipo di editoria gastronomica basata su una cucina 1) economica e casalinga; 2) curativa, con ricette di brodi e minestre per rinvigorire corpo e spirito 3) di stagione, non solo quelle naturali. Anche eventi e precetti religiosi esercitavano notevole influenza sulla tavola.
“Stando in piedi al centro di una cucina tutto ricomincia da capo e qualcosa ritorna” (Imma Fiorino). Io l’ho imparato quando iniziando a cucinare sono stata investita da una ondata di memorie e conoscenze che avevo dimenticato e, in alcuni casi, non sapevo nemmeno di avere appreso.
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Crostini misti
Ritorno da questo breve viaggio nel passato dedicato ai ricettari antichi e all’affermazione di Internet, con una ricetta contemporanea e antica che celebra la bontà del pane e l’abbraccio tra le stagioni.
Antica visto che l’abitudine di utilizzare crostini di pane per accompagnare le zuppe risale al Medioevo quando, la sopa o supa in italiano arcaico, era uno dei piatti principali della dieta quotidiana dei ceti più poveri. Contemporanea per l’allegra convivialità che il vassoio di crostini misti porta in tavola. Che poi condividere il cibo da un unico grande tegame o tagliere è un altro aspetto che rimanda al passato.
I crostini sono sia fette sia cubetti di pane tostato. La differenza tra crostini e bruschette è che i primi hanno dimensioni inferiori rispetto alle seconde e le fette non devono essere abbrustolite e poi condite ma condite, non solo con olio o olio e aglio, intendo proprio farcite e poi passate in forno.
Tra i sapori che ho scelto per guarnire le fette di pane, troverai un simbolico passaggio di testimone tra le verdure invernali e le primizie di primavera alle quali, per una volta, ho ceduto. Ed ecco che a fianco di zucca, cime di rapa, porro e cavolo nero troverai anche rucola e pomodori ricci. Funghi cardoncelli e ricotta completano il quadro dei crostini misti.




Questo piatto si prepara con gli ingredienti che preferisci e la quantità da utilizzare è a occhio e quanto basta.
Di seguito ti lascio alcuni consigli che spero troverai utili per organizzare un aperitivo, brunch, pranzo, serata crostini misti per una persona oppure per molte persone:
Se è un piatto unico calcola da 3 a 5 crostini per persona
Una pagnotta da circa 700 g dovrebbe bastare per 8 persone
Taglia il pane a fette sottili
Farcisci con quello che vuoi: creme di verdura, salumi, formaggi
Per facilitare il lavoro e proporre più sapori, prepara da 3 a 4 creme diverse di verdura o formaggi che userai come base cambiando la decorazione. Oppure scegli due basi e usa la fantasia per decorare
Se prepari dei crostini misti per poche persone, usa piccole quantità di ingredienti e conserva eventuali avanzi in frigorifero utilizzandoli per altri scopi. Ad esempio, puoi usare creme o verdure già tagliate per condire la pasta o fare una torta salata
Di solito, faccio i crostini misti dopo avere fatto la spesa settimanale della verdura, in questo modo posso utilizzare piccoli quantitativi di tante verdure diverse.
Crostini misti di Monica
Alcune verdure sono state cotte al forno (zucca, porri e pomodori), altre in acqua o al vapore, vedi tu (patata; cime di rapa; cavolo nero).
Ho cotto i porri con sale, olio d’oliva e origano in una teglia coperta e in forno già caldo fino a renderli morbidi (li ho schiacciati con la forchetta).
Ho frullato la crema di cime di rapa e quella di pomodori con circa 50 g di patata bollita per rendere le creme meno acquose e più ferme.
Sulle fette ho spalmato una crema di:
cime di rapa (ho usato gambo, foglie e qualche cimetta, patata, olio d’oliva, sale)
pomodori ricci (ho usato polpa e bucce di pomodoro, patata, origano, olio d’oliva, sale)
zucca mescolata con sale e olio d’oliva
ricotta mescolata con sale, olio d’oliva
Sulle basi ho aggiunto:
fette di funghi cotti in padella con sale e olio d’oliva
foglie di cavolo nero sbollentate e ripassate in padelle per renderle croccantine
rucola fresca e porro stufato
quenelle di ricotta e porri stufati
cimette di rapa tagliate a coltello e porro
Su ogni crostino ho aggiunto Parmigiano reggiano in quantità generosa prima di infornare. Poi ho messo la teglia in forno già caldo (200 gradi) per pochi minuti.
Se hai domande su qualche preparazione, ti aspetto nei commenti.
Tornerò nella tua casella di posta il prossimo lunedì. Nel frattempo lascia fiorire cuori, commenti e diffondi. Grazie, Monica


Continuiamo la conversazione?
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La dislessia non è una malattia ma un disturbo specifico dell'apprendimento. Mi scuso con Amanda e con tutti i dislessici. Come ho scritto, sto imparando, lo stesso penso che sia importante accendere l'attenzione :)
Grazie Monica per questo bellissimo percorso. Vorrei aggiungere, tra le primissime blogger, Un tocco di zenzero, che con le altre due da te citate ha dato il via a un progetto che ha coinvolto tanti, e poi Petronilla, ovvero Amalia Moretti Foggia, pediatra, che tanti consigli utili ha dato durante la guerra. Un grande abbraccio